Itinerario scientifico di Manlio Sargenti di Federico Pergami.
La coincidenza cronologica della celebrazione del XXII Convegno Internazionale dell’Accademia Romanistica Costantiniana con il centenario della nascita del prof. Manlio Sargenti[1]è apparsa, fin da subito, l’occasione ideale per ricordare lo straordinario e costante impegno, scientifico ed umano, che il Maestro ha voluto profondere a favore dell’attività della nostra istituzione e rappresenta la favorevole opportunità di onorarne la memoria a Spello, in un luogo a Lui molto caro, a pochi anni dalla scomparsa, avvenuta a Milano nel dicembre del 2012: è per questo che ho accolto con gratitudine, pari ad un mai sopita tristezza e malinconia per l’assenza del Maestro, l’affettuoso invito, per cui rinnovo la mia sincera riconoscenza agli amici Maria Campolunghi e Stefano Giglio, di tratteggiare, ripercorrendone le tappe salienti, il legame fra Manlio Sargenti e l’Accademia Costantiniana.
Un legame forte e duraturo, destinato a perpetuarsi nel tempo, come testimonia, in modo tangibile, la presenza di tanti colleghi ed amici in questa occasione celebrativa.
Anzitutto, mi sia consentita in limine, una notazione di carattere personale per giustificare le ragioni dell’attribuzione al sottoscritto del privilegio di questo ricordo del Maestro, quando altri –e ben più autorevolmente- avrebbero potuto attendere a tale compito: sono trascorsi molti anni da quando, una sera d’estate, venni convocato da Franco Pastori, Direttore di quello che ancora si chiamava Istituto di diritto romano dell’Università Statale di Milano -anch’egli sostenitore delle iniziative dell’Accademia Costantiniana-, sotto la cui guida stavo elaborando la tesi di laurea, per conoscere la mia disponibilità a collaborare con Manlio Sargenti -studioso che conoscevo esclusivamente attraverso la sua produzione scientifica- che aveva manifestato l’intenzione di avvalersi dell’aiuto di un giovane ricercatore che potesse coadiuvarlo nel progetto di riattivare, sotto l’egida dell’Accademia Romanistica Costantiniana e in collaborazione con le Università di Pavia, Perugia, Siena, Genova e Macerata, seppure con un orizzonte cronologico più limitato, l’ambiziosa ricerca, iniziata prima del secondo conflitto mondiale, dall’Accademia d’Italia e finalizzata alla Palingenesi delle costituzioni tardoimperiali, emanate da Costantino a Teodosio II. Accolsi con entusiasmo l’invito e incontrai il professore: in quel momento, eravamo all’inizio degli anni ottanta dello scorso secolo, Egli era un eminente romanista della facoltà giuridica dell’Università di Pavia dove, dopo una carriera accademica senza sconti[2], esercitava il proprio magistero, impartendo l’insegnamento delle Istituzioni e delle Pandette, dalla cui cattedra ha formato intere generazioni di studenti grazie a una non comune capacità didattica.
Ho già detto di quel primo incontro[3], angosciante per il mio senso di inadeguatezza di fronte allo studioso che ammiravo per notorietà scientifica e sulle cui opere a stampa avevo iniziato a studiare i problemi della realtà giuridica dell’epoca tarda, di cui rimane indelebile il ricordo di un uomo che, all’apparenza molto più giovane della Sua età, volle, con tratto signorile, ma fermo, coinvolgermi nell’iniziativa di collaborare alla ricostruzione della legislazione imperiale dei secoli quarto e quinto dopo la nascita di Cristo. Si trattava, nelle intenzioni del Maestro, di dare nuova linfa alle iniziative dell’Accademia Romanistica Costantiniana che Mario de’ Dominicis aveva fondato nel 1973, grazie al sostegno prezioso del Rettore dell’Università di Perugia, prof. Giuseppe Ermini, fissando la sede nel Palazzo Civico di Spello, con il deliberato scopo di creare un’istituzione che riunisse periodicamente specialisti della tarda antichità, giuristi e storici, anche per rinverdire i fasti della ormai storica XXII sessione della SIHDA, tenutasi nel settembre 1967 in quella sede universitaria, che era divenuta -in quell’occasione- il centro di tutta la romanistica nazionale e internazionale[4].
Iniziò, così, un legame mai interrotto di stima e di affetto, una consuetudine quotidiana, durata oltre trent’anni, di studio e di lavoro, alle cui regole rigorosissime, che Egli imponeva soprattutto a se stesso, dovetti presto adattarmi, come quando, nell’immediata imminenza del mio matrimonio, a cui Egli accettò di essermi accanto come testimone, mi convocò nell’elegante Studio di Viale Bianca Maria a Milano, dove svolgeva con successo anche la professione forense, in una città deserta e infuocata dal sole, un venerdì quattordici agosto per discutere dell’interpretazione di una costituzione del Codice Teodosiano, che avevo proposto in un articolo in corso di stampa, ma che Egli non condivideva, invitandomi a presentare, non più tardi della mattina successiva (il giorno di Ferragosto, appunto), la versione riveduta del mio contributo, mettendo, così, a serio repentaglio il mio futuro consortium.
Era un modo, Egli amava ripetere, di rispettare la prima regola della ricerca scientifica, mutuata dall’insegnamento pliniano, per cui nulla dies sine linea[5], a cui non volle mai venire meno.
- Era ormai qualche anno, infatti, che il Maestro era tornato allo studio dei problemi giuridici della tarda antichità, a cui aveva dedicato la tesi di laurea, discussa nel 1938 all’Università di Roma -con lode e dignità di stampa- sotto la guida di Emilio Albertario e da cui aveva tratto, in quello stesso anno, in sostanziale contestualità con il lavoro della collega e amica Clémence Dupont[6], la prima monografia sulla legislazione privatistica dell’imperatore Costantino[7].
Un argomento che, all’epoca, doveva apparire pioneristico, ma che Manlio Sargenti, sebbene indotto in seguito a privilegiare altre fasi di sviluppo dell’ordinamento giuridico romano da impellenti esigenze concorsuali e dall’improvvisa scomparsa del Suo maestro, non abbandonò mai e a cui rimase, come vedremo, sempre fedele nel corso della Sua intera esperienza scientifica.
Fu, infatti, il primo convegno dell’Accademia Costantiniana, allora “Centro di studi storico-giuridici costantiniani del Basso Impero”, itinerante, come sempre in origine, fra Spello, Foligno e Perugia, tenutosi tra il 18 e il 20 settembre del 1973 e a cui venne dato, ex post, il titolo “Introduzione alla storia del Basso Impero”, ad offrire al Maestro l’occasione di tornare su quella tematica, con un contributo, pubblicato negli Atti nel successivo 1975 [8], che è in realtà una vera e propria ricerca monografica di speciale impegno, intitolato “Il diritto privato nella legislazione di Costantino. Problemi e prospettive nella letteratura dell’ultimo trentennio” [9]: scrive, infatti, il Maestro :“In un Convegno che si propone di studiare gli aspetti della legislazione del Basso Impero e che segna l’inizio dell’attività dell’Accademia storico-giuridica intitolata al nome di Costantino, non poteva mancare che si parlasse della legislazione di questo imperatore ed in particolare di quella che segna per tanti aspetti un momento di passaggio e di trasformazione, talvolta di radicale trasformazione, degl’istituti e del sistema del diritto privato romano. Perciò, e ricordando con comprensibile nostalgia che a questo argomento fu dedicato il mio primo studio romanistico, mi sono proposto di riesaminare ciò che è stato scritto negli ultimi trent’anni su questo tema, i risultati raggiunti da questi studi, i problemi affrontati ed ancora aperti, le questioni di sostanza e di metodo che essi suscitano”[10].
Fu proprio questo lavoro a dare l’avvio, nella romanistica non solo italiana, ad un rinnovato interesse nello studio della realtà giuridica dei secoli IV e V, culminato in quella che, con espressione divenuta ormai classica, è stata definita l’”esplosione di tardoantico” [11].
Il contributo di Sargenti, infatti, merita speciale attenzione non solo perché rappresenta una pregevolissima trattazione di oltre cento fittissime pagine in tema di persone e famiglia nella legislazione di Costantino, attraverso una ricognizione della precedente letteratura in materia[12], ma –soprattutto e specialmente- perché propone un vero e proprio rovesciamento dell’indirizzo metodologico con cui affrontare lo studio delle fonti della tarda antichità, una nuova modalità di impostare la disamina delle costituzioni tardoimperiali, che costituirà la premessa per i risultati lusinghieri raggiunti dall’Accademia. Si trattava, si badi, di un rovesciamento di quella stessa prospettiva sistematica che il Maestro aveva utilizzato oltre trent’anni prima, nella redazione della monografia d’esordio, nella quale Egli si era proposto una ricostruzione sistematica della legislazione privatistica di Costantino: emerge qui, limpidamente, il calibro dello studioso, nient’affatto preoccupato di dovere mettere in discussione, voglio dire in radicale discussione, i risultati cui egli stesso era in precedenza pervenuto, nella consapevolezza che ciò avrebbe comportato un avanzamento dei nostri studi.
Scrive, infatti, il Maestro: “Ci si può chiedere oggi se la prospettiva sistematica allora adottata fosse la più adatta per affrontare criticamente lo studio della legislazione costantiniana. E’ inutile dire che io personalmente me lo sono chiesto più volte negli anni successivi e che lo scetticismo insorto in me sulla bontà di quel metodo non è stato l’ultimo dei motivi che mi hanno indotto a non proseguire l’opera che avevo intrapreso[13].
Si era allora nella fase, precisa il Maestro, in cui molti dei problemi metodologici discussi ed approfonditi nei decenni successivi non si erano ancora posti, per lo meno in tutta chiarezza, quando non era, soprattutto delineata quella che Sargenti chiama la “visione della storicità”, non solo degli istituti giuridici e della loro disciplina positiva, ma anche delle categorie dogmatiche e dei raggruppamenti sistematici, in un momento in cui l’attenzione degli studiosi era attratta ancora essenzialmente dal problema delle trasformazioni introdotte, in un determinato momento storico, nella disciplina degli istituti, concepiti, peraltro, come schemi in certo senso universali ed astratti, piuttosto che essi stessi storicamente determinati[14]. Del resto, a proposito dell’imperatore Costantino, la tendenza doveva essere ancora più spiccata, considerando il numero e l’importanza degli interventi normativi emanati dall’imperatore in materia di persone e famiglia, da cui scaturiva la, per certi versi comprensibile, propensione di ordinare sistematicamente il ricco materiale nei grandi schemi tradizionali in cui, sino ad allora, erano stati classificati i temi e i settori fondanti il diritto di famiglia: le persone, la schiavitù, il matrimonio.
Da qui, la svolta: “Oggi, ripeto, tale criterio appare assai meno legittimo…ora possiamo renderci conto che collocare le costituzioni di Costantino in un quadro sistematico, ricostruire un quadro unitario del diritto delle persone e della famiglia come di qualsiasi altra partizione del diritto dell’epoca costantiniana non può dare risultati soddisfacenti, almeno sino a che non siano risolti i numerosi problemi di datazione, di collocazione territoriale, di destinazione, di provenienza e di ispirazione dei singoli provvedimenti, nonché i problemi critici inerenti alla loro trasmissione attraverso il Codex Theodosianus, il Codex Iustinianus o altre raccolte, sino a che, insomma, non si sia restituita ed indagata, fin dove possibile, la specifica individualità e collocazione storica di ogni singolo provvedimento prima di farne la tessera di un mosaico unitario”[15].
Era questo, cioè, l’avvio del “programma operativo” [16] delle attività dell’Accademia, prima fra tutte il riordino cronologico delle costituzioni di Costantino, che il Maestro invitava ad iniziare con un lavoro di gruppo che, partendo dalle indagini complesse del Seeck e degli editori del Teodosiano, potesse lumeggiare come i problemi palingenetici influissero, e in maniera notevole, sulla valutazione sostanziale di singoli provvedimenti e, più in generale, sulla politica legislativa dei sovrani via via succedutisi alla porpora imperiale.
- Per dare ragione e sostanza a tali propositi, che avevano stimolato l’interesse della romanistica specialmente, ma non solo italiana[17], il Maestro presenterà, in occasione del secondo Convegno biennale dell’Accademia, tenutosi tra Spello, Isola Polvese sul Trasimeno e Montefalco (18-20 settembre 1975), un contributo d’insieme, anche questa volta di taglio monografico, dal titolo Le strutture amministrative dell’Impero da Diocleziano a Costantino, dedicato alle profonde trasformazioni intervenute nelle strutture costituzionali dell’Impero nel periodo intercorrente fra la Tetrarchia dioclezianea e l’ascesa al potere di Costantino, una sorta di lavoro preparatorio delle successive ricerche. Dando dimostrazione dei risultati cui era possibile pervenire grazie alla ricerca palingenetica, l’autore, con la consueta acribia argomentativa, idonea a rendere particolarmente convincente l’esposizione, pur senza rinnegare del tutto l’interpretazione in chiave antagonistica dell’esperienza che conduce da Diocleziano a Costantino, specialmente caratterizzata quest’ultima da un progressivo consolidamento del potere imperiale, ne minava, almeno in parte, il fondamento, evidenziando, proprio in forza della nuova luce che la rinnovata metodologia di indagine aveva offerto per l’esatta comprensione del tenore e della successione dei provvedimenti imperiali, l’esistenza, anche in epoca tetrarchica, di un forte sistema centralizzato: ciò che traeva linfa dall’esistenza della figura predominate, per anzianità e prestigio, dell’imperatore dalmata sugli altri correggenti, idonea a corroborare l’idea del mantenimento, anche nel sistema tetrarchico, di un unico centro di potere dell’intero sistema imperiale[18].
Si trattava, in sostanza, della prima dimostrazione dei risultati, in certo senso singolarmente innovativi, cui potevano aspirare le nuove ricerche sulle fonti della realtà giuridica tardoantica, coniugando il rigore del metodo nello studio palingenetico dei provvedimenti normativi coevi, mediante la analitica ricostruzione delle carriere dei singoli funzionari imperiali e la creazione dei nuovi officia ed utilizzando, ove possibile, i dati ricavabili dalle inscriptiones e delle subscriptiones, con la visione d’insieme dell’organizzazione amministrativa e dell’assetto costituzionale dell’Impero.
- Nel rispetto delle scelte tematiche dei convegni biennali, profilo in ordine al quale Manlio Sargenti censurava dispersioni non coerenti con gli argomenti prescelti, in occasione del terzo Convegno Internazionale (Perugia-Trevi-Gualdo Tadino, 28 settembre -1 ottobre 1977), dal titolo “Impero e Cristianesimo dopo la morte di Costantino: la politica di Giuliano l’Apostata e di Teodosio I”, presentò un densissimo lavoro su Giuliano[19], nel quale, dopo un’analisi minuta dei provvedimenti normativi conservati nel Codice Teodosiano, cronologicamente relativi all’attività di governo del sovrano, successivi alla morte di Costanzo ed all’ingresso in Costantinopoli quale unico Augusto, individuava la cifra caratteristica dell’attività di governo dell’Apostata: la restaurazione e la difesa dei valori dell’ellenismo, che l’imperatore vedeva indissolubilmente legati ai principi della religione ed alle manifestazioni del culto pagano.
Ma l’importanza del contributo non si limita ai rilevanti risultati, palingenetici e ricostruttivi insieme, la cui validità, a distanza di molti lustri, non è posta in discussione dalla scienza romanistica, bensì da un altro fondamentale elemento, intimamente connesso all’attività dell’Accademia e ai risultati che, come vedremo, ne scaturiranno: lo studio su Giuliano, infatti, offre al Maestro l’occasione di riflettere sull’effettivo contributo del Codice Teodosiano alla ricostruzione della realtà giuridica del Tardo Impero, considerando un aspetto sino ad allora trascurato, cioè la considerazione che altre fonti, come –in particolare- l’epistolario dell’Imperatore[20] e le notizie provenienti dai suoi contemporanei, Ammiano Marcellino su tutti, consentisse di delineare un’attività normativa molto più ricca e varia, nella sostanza e nelle forme, di ciò che il massimario della raccolta ufficiale lasciava intravvedere.
Era questa, non è difficile individuarla, la seconda svolta metodologica nell’avanzamento dei nostri studi: l’utilizzo delle fonti letterarie, quale corollario indispensabile per la ricostruzione dell’attività normativa imperiale. Opzione particolarmente proficua per l’Apostata, autore di un ricco e documentatissimo epistolario, ma applicabile anche per la ricostruzione dell’attività normativa di altri imperatori e che costituirà la premessa per le pubblicazione della prima serie dei Quaderni dell’Accademia.
- Il quarto convegno si tenne nel 1979 (Perugia-Spello-Bettona-Todi 1-4 ottobre 1979) e fu dedicato all’epoca dei Teodosii (“Aspetti giuridici, economico-sociali, religiosi e culturali dell’impero dal primo al secondo Teodosio”): Sargenti, nel relativo volume di Atti, pubblicato nel 1981 e dedicato al Prof. De’ Dominicis, nel frattempo scomparso[21], pubblicò un contributo, dedicato specificamente alla palingenesi, anche nella prospettiva dell’individuazione del valore territoriale degli interventi normativi imperiali (per usare un’espressione di Gaudemet, il tema del del partage législatif) delle costituzioni di Teodosio II e Valentiniano III, CTh. 3.7.3 e 4.6.7, nelle quali, come è noto, sono affrontati vari problemi di importanza centrale per la ricostruzione del quadro normativo della tarda antichità: forma e struttura del matrimonio, unitamente al tema, peraltro intimamente connesso, dei liberi naturales. In chiave critica rispetto ai risultati dell’indagine dell’Orestano[22], Sargenti concludeva per l’inverosimiglianza della preesistenza di una norma generale sulla forma del matrimonio, che né i compilatori teodosiani, né quelli giustinianei avrebbero tralasciato di conservare, anche considerando il silenzio –ecco l’applicazione pratica della volontà di estendere l’indagine al di fuori dei confini strettamente “normativi”- il silenzio degli autori ecclesiastici[23].
Il –relativamente- breve contributo e la natura solo apparentemente circoscritta dell’indagine, rispetto ai precedenti lavori, aveva una forte e ben giustificata motivazione: era in piena fase di preparazione, in quello stesso torno di tempo, il primo volume della prima serie dei Materiali per una palingenesi della costituzioni tardo imperiali, di cui è stato Direttore scientifico e infaticabile sostenitore, quello dedicato alla ristampa anastatica del contributo di Otto Seeck sulla datazione dei provvedimenti imperiali dell’imperatore Costantino, che l’illustre autore tedesco aveva pubblicato nel 1889, nel decimo volume della Zeitschrift der Savigny Stiftung für Rechtsgeschichte.
In una prefazione, che non esito a definire il manifesto programmatico della futura attività scientifica dell’Accademia Costantiniana, Sargenti esemplifica le ragioni di una ristampa del lavoro del Seeck, nonostante le critiche severe del Mommsen, che attendeva, in quel momento, al completamento dell’edizione critica del Teodosiano[24] e la pubblicazione, vent’anni più tardi, ad opera dello stesso Seeck, dei suoi Regesten [25]: “…è avvenuto più volte a chi scrive di trovarsi dinanzi a datazioni dei Regesten assai meno convincenti e plausibili di quelle proposte in Zeitfolge…”[26].
Ecco, perché, proseguiva il Maestro, “l’Accademia Costantiniana ha ritenuto opportuno ripubblicare il testo dello studio del Seeck, per renderne più agevole la consultazione e l’uso, come strumento indispensabile a quella palingenesi delle costituzioni tardo-imperiali (prime le costituzioni costantiniane) che l’Accademia si è proposta di avviare. Anche se non sempre accettabili, le idee dell’illustre studioso per la datazione di quelle costituzioni vanno sicuramente tenute presenti e raffrontate con quelle più tarde. Esse costituiscono, in ogni caso, un prezioso stimolo alla revisione critica del materiale costantiniano ed al suo riordinamento cronologico”[27].
- I risultati di tale impegno non si fecero attendere: fra gli esempi di insoddisfacente collocazione cronologica proposta nei Regesten dal Seeck vi era, primo per l’importanza che comportava in relazione alla nuova disciplina della compravendita, il problema della datazione di Fr. Vat. 35 e CTh. 3.1.2, cui Sargenti, infatti, dedicò il proprio contributo in occasione del quinto Congresso Internazionale, tenutosi nell’ottobre 1981 tra Spello, Perugia, Bevagna e Sansepolcro, dedicato al tema “Il Codice Teodosiano e le sue fonti: problemi critici e ricostruttivi”, che dava documentale conto degli specifici interessi dell’autore, grazie al cui contenuto il Maestro si proponeva di risolvere il problema di come giustificare, di fronte ad una pressochè totale identità di contenuto, un divario cronologico di quasi un quarto di secolo fra la versione dei Frammenti Vaticani (313) e quella raccolta nell’edizione del Teodosiano (337)[28].
Si tratta del primo banco di prova della fecondità del nuovo metodo di studio delle fonti tardoimperiali e i toni dell’argomentare sono particolarmente vibrati: “Non sembri strano se dirò che questi problemi non sono stati sistematicamente studiati e che su di essi non esiste, checchè se ne pensi, un orientamento uniforme e neppure chiarezza di idee. Qualche autore ha ravvisato, è vero, l’opinione dominante nella datazione della costituzione al 337…mentre altri ha adottato questa data come la più verosimile, senza discuterla e senza neppure porsi il problema dei rapporti fra Vat. Fr. 35 e CTh. 3.1.2…”. Nulla, quindi che consenta, sono ancora parole del Sargenti di “poterci acquetare dinanzi ad un’opinione consolidata” [29]: al contrario, grazie ad una serratissima esegesi e facendo tesoro dei risultati della riedizione dell’opera del Seeck, il Maestro conclude per la conservazione della autonomia dei due testi, il frammento vaticano emanato nel 313 e intitolato a Costantino e Licinio, di provenienza orientale; il testo teodosiano, del solo Costantino ed emanato nel 337, con ciò tacciando di “impresa ermeneuticamente disperata” il tentativo di salvare, con vari accorgimenti interpretativi, l’unità sistematica di queste norme[30].
- Il sesto Convegno Internazionale (Spello 12-15 ottobre 1983), dedicato a “Politica ecclesiastica e legislazione religiosa dopo l’editto teodosiano del 380”, conferma l’interesse del Maestro ai temi oggetto di specifica e assidua cura in quel torno di tempo, come si ricava dal titolo del Suo saggio: “Contributi alla Palingenesi delle costituzioni tardo-imperiali. Momenti della normativa religiosa da Teodosio I a Teodosio II”: un lavoro solo apparentemente circoscritto a temi specifici, cioè l’esame dell’epistula indirizzata al prefetto del pretorio d’Oriente, probabilmente nell’anno 384, dagli imperatori Valentiniano II, Arcadio e Teodosio e non conservata nel Codice Teodosiano e relativa alla controversia ariana, conservata nella Collectio Avellana ovvero il contenuto della costituzione Sirmondiana 6, che illumina un momento rilevante dell’azione repressiva contro i Pelagiani, ma che offre però al Maestro l’occasione per sottolineare l’importanza delle fonti escluse dalle raccolte ufficiali.
- Il settimo Convegno (Spello-Perugia-Norcia 16-19 ottobre 1985), dedicato al tema: “Matrimonio e filiazione nel diritto tardo-imperiale romano da Costantino a Teodosio II. Influssi religiosi e fattori sociali” impegnerà il Maestro, in coerenza con la scelta tematica, con un saggio su “Matrimonio cristiano e società pagana”[31], pubblicato nel 1988 e dedicato all’esame delle reciproche e non del tutto indagate influenze fra istituti giuridici del mondo ellenistico-romano e il matrimonio cristiano, la cui comprensione Egli auspicava avvenisse anche tramite lo studio delle massime tratte dagli scritti dei Padri della Chiesa, le cui opere avrebbero potuto gettare nuova luce sulle conoscenza, in generale, della normativa imperiale: un proposito che Egli volle subito realizzare, dando alle stampe il quarto volume della prima serie dei Quaderni dell’Accademia, nel quale, con l’ausilio di Rosabianca Bruno Siola, prematuramente e tragicamente scomparsa, sono raccolti gli accenni, diretti o indiretti, a provvedimenti normativi rinvenibili in un gruppo di opere di S. Ambrogio (De officiis, Epistulae, Orationes funebres), che Gli erano apparse particolarmente significative per la possibile ricostruzione dell’attività legislativa della cancelleria imperiale[32]. I risultati dell’indagine, quantitativamente non sovrabbondanti, erano peraltro tangibili: il provvedimento di Valentiniano I, concernente la giurisdizione ecclesiale in causa fidei vel ecclesiastici alicuius ordinis (Ep. 75), la relatio Romani concilii ad Gratianum et Valentinianum imperatores directa (Ep. Extra coll. 7), il provvedimento inserito nei Gesta episcoporum Aquileiae adversum haereticos Arrianos o nel De officiis (2,29) a proposito di una vicenda che vede in contrasto autorità civili e autorità ecclesiastiche sullo sfondo di una controversia in materia di proprietà ovvero, ancora, nel passo dell’orazione funebre per Valentiniano II, pronunciata da Ambrogio nell’estate del 392 (De obitu Valentiniani), dove si rievoca, a proposito della pietas del de cuius, un intervento imperiale a favore di un ignoto personaggio, accusato di lesa maestà, nel corso del relativo processo: dapprima con un responsum, che dispone l’interruzione del processo durante i sancti dies del periodo pasquale; quindi, in funzione decisoria, per qualificare calunniosa l’accusa e ordinare che l’accusato venga posto in libertà vigilata; infine, con un rinvio al giudice per la decisione definitiva.
- Dopo una nuova prova dei risultati che si possono ottenere tramite la palingenesi della normativa imperiale, specialmente costantiniana, nel saggio[33], pubblicato negli Atti dell’VIII Convegno Internazionale, tenutosi a Spello e Perugia tra il 29 settembre e il 2 ottobre 1987 e dedicato, nel solco del precedente, ad un tema eminentemente “privatistico” (“Problemi della persona nella società e nel diritto del Tardo Impero”), gli interventi del Maestro, coerentemente con la centralità e l’elevatissimo prestigio personale e scientifico che Egli era andato assumendo, anche a livello formale, in seno al Consiglio Direttivo dell’Accademia, ebbero un taglio nuovo e completamente diverso: sin dal IX Convegno tenutosi tra Spello, Perugia e Città di Castello tra il 2 e il 5 ottobre 1989, dedicato a “Problemi dell’appartenenza dei beni nella società e nel diritto del tardo Impero”, infatti, al prof. Sargenti fu affidata la relazione di sintesi[34], nella quale, prendendo spunto dal programma dei lavori, ribadirà con forza il Suo pensiero: “Certo noi conosciamo bene le intenzioni della cancelleria imperiale di Teodosio II nel programmare la compilazione del Codice, ma sappiamo ancora poco su come quel programma si (o non si è) realizzato. Ad ogni parziale sondaggio vien fatto di constatare che la realizzazione è stata quanto mai imperfetta, che l’idea di raccogliere solo generales constitutiones è stata intesa in maniera molto approssimativa, che molte costituzioni presenti nel Codice non avevano affatto, in origine, una portata generale…Ma questi sondaggi vanno estesi e sistematicizzati, per rendere chiara la tecnica di redazione ed i suoi risultati. E, d’altra parte, va ricostruito indipendentemente, con una paziente opera palingenetica, il corpus normativo dei singoli imperatori, per ricollocare le loro costituzioni nell’originario contesto storico e comprenderne l’originario significato e l’originaria funzione”.
Come di consueto, la tenacia e la concretezza del professore nel perseguire gli obiettivi prefissati non si fecero attendere: in sostanziale contestualità, infatti, fu pubblicato il primo volume della Collana della serie seconda, quella specificamente dedicata alla ricostruzione della normativa imperiale, a cui il Maestro si dedicò, con appassionata abnegazione e coerenza indomita, per tutta la vita, pur perfettamente consapevole dell’incertezza e della provvisorietà dei risultati che sarebbero stati raggiunti: basti leggere la prefazione al primo volume della Collana, dedicato alla palingenesi delle costituzioni degli imperatori Valentiniano e Valente, per la redazione del quale aveva ritenuto non inutile il mio, pur modesto, contributo: “La seconda serie dei materiali per una palingenesi delle costituzioni tardo imperiali –che solo per motivi contingenti si apre con questo quarto volume, dedicato alla legislazione di Valentiniano e Valente- vuole offrire il quadro, cronologicamente ordinato, dell’attività legislativa dei singoli imperatori attraverso la ricostruzione palingenetica del materiale normativo conservato nei Codici, nelle raccolte non ufficiali e nelle epigrafi…Non sarà mia abbastanza ripetuto che quello di cui si dà in questo volume un primo saggio vuole essere solo l’abbozzo di un’opera assai più impegnativa, quale dovrà essere, nel risultato finale, la palingenesi delle costituzioni tardo imperiali. E solo con la consapevolezza di questi suoi limiti lo presentiamo agli studiosi”[35].
Preceduto da una presentazione, nel luglio del 1993, presso l’Università Statale di Milano, il volume, come è noto, fu accolto da una recensione ferocemente negativa: Sargenti, consapevole dell’impegno che, per anni, Egli aveva personalmente profuso e del progetto, anche metodologico, che ne costituiva l’architrave, molto se ne dispiacque e solo dopo una lunga meditazione decise di non replicare a quel giudizio tanto severo, confidando che il tempo potesse consentire alla comunità scientifica di apprezzare la fecondità della Sua intuizione: così, in effetti, fu. A quel primo esperimento, seguì, sempre nella medesima serie, la pubblicazione di un secondo volume, quello dedicato alla legislazione dei figli di Costantino, a cura di Paola Cuneo, pubblicato nel 1997[36] e, nella prima serie, il lavoro di Marialuisa Navarra sulle Res Gestae di Ammiano Marcellino[37].
- Per il X Convegno (Spello, Perugia, Gubbio 7-10 ottobre 1991), come peraltro risulta anche dal tenore del titolo, Il Tardo Impero. Aspetti e significati della realtà sociale nei suoi riflessi giuridici, il Consiglio Direttivo optò per una sorta di “messa a punto”, nel senso che, come risulta dalle parole dell’allora Presidente dell’Accademia, Arnaldo Biscardi, a cui gli i relativi Atti sono dedicati, fu decisa una “pausa di riflessione”, per consentire la integrale messa a fuoco dei problemi sino ad ora affrontati[38].
Anche in questa caso, la relazione conclusiva fu affidata al Maestro e il risulto fu particolarmente felice: a distanza di vent’anni dall’esordio del primo convegno, il saggio delinea la realtà tardoimperiale in una triplice e reciprocamente interdipendente prospettiva: il limite cronologico del tardo Impero, il rapporto fra economia e società, alla luce dei riflessi giuridici e il ruolo del fattore religioso, specialmente del pensiero e dell’organizzazione ecclesiale cristiana, ma anche dei residui elementi pagani, nella vita dell’Impero, anche in questo caso in relazione ai profili giuridicamente rilevanti.
Una messa a punto magistrale, che nel dare conto dei risultati raggiunti e degli obiettivi prefissati, apriva la strada per la futura e rinnovata attività di ricerca e di studio[39].
- La seconda fase dell’Accademia Costantiniana si apre con l’undicesimo convegno, tenutosi fra Perugia, Spello e Gubbio fra l’11 e il 14 ottobre 1993, dedicato al tema dell’amministrazione della giustizia (“Amministrazione delle giustizia ed esperienza processuali nella tarda antichità”), i cui relativi Atti, pubblicati nel 1996, sono stati dedicati al vicepresidente, prof. Felix Wubbe.
Se la presentazione fu affidata, causa l’assenza forzata del Presidente Biscardi per motivi di salute, al segretario scientifico dell’Accademia, prof. Giuliano Crifò, cui intendo rivolgere un grato pensiero, che dava conto della recente costituzione della “Associazione Accademia storico-giuridica costantiniana”, anche in questo caso la sintesi fu ancora di Sargenti: con un contributo densissimo, il Maestro, prendendo atto della preferenza accordata ai temi del processo criminale, rispetto a quelli del processo civile, tratteggiava, con la consueta maestria, i temi di fondo dell’attività giurisdizionale in età tarda: la struttura, accusatoria o inquisitoria del processo, il sistema delle pene, i processi definiti “speciali”, da quello fiscale alla giurisdizione militare ed ecclesiastica, il riesame della decisione di primo grado, sottolineando, in limine, la centralità, per l’avanzamento dei nostri studi, del tema dell’amministrazione della giustizia per l’esatta comprensione della realtà giuridica tarda[40].
Ancora una volta, dalle parole ai fatti: due degli argomenti qualificati come centrali a conclusione del convegno, costituiranno, infatti, l’oggetto dei volumi della terza serie dei Quaderni dell’Accademia, quella dedicata ai lavori di taglio monografico: la prima, licenziata contestualmente alla pubblicazione degli Atti, frutto dell’opera di Stefania Pietrini e dedicata all’iniziativa nel processo criminale[41] e la seconda, dedicata dal sottoscritto al tema dell’appello[42].
- La decisione del Consiglio Direttivo di dedicarGli il volume di Atti del XII convegno (Perugia-Spello 11-14 ottobre 1995), sul tema “Finanza e attività bancaria tra pubblico e privato nella tarda antichità. Definizione, normazione, prassi”, lo indusse, con la modestia che Gli era congeniale, ad astenersi, almeno formalmente, dalla redazione della relazione conclusiva: dico formalmente, poiché la lettura del contributo del Maestro, dal titolo “Economia e finanza tra pubblico e privato nella normativa del Tardo Impero”, costituisce una miniera di informazioni su una tematica che, prendendo spunto dal rapporto fra la sfera dell’attività privata e quella dell’economia e della finanza pubblica, offre al lettore la chiave interpretativa dei rapporti, in generale, fra sfera pubblica e sfera privata nelle fonti normative del tardo Impero[43].
- Nessuno avrebbe potuto, né voluto immaginare che gli Atti del XIII convegno dell’Accademia, dedicati alla memoria di André Chastagnol, avrebbero accolto, per l’ultima volta, un contributo scientifico di Manlio Sargenti: l’incontro, tenutosi a Perugia dall’1 al 4 ottobre 1997 e dedicato a “Centralismo e autonomie nella tarda antichità. Categoria concettuali”, lo vedrà di nuovo protagonista, non soltanto perché, in qualità di vicepresidente, Egli aprì i lavori in un’Umbria sfregiata dal terremoto[44], ma perché –come ormai era divenuta consuetudine- fu l’autore della relazione di sintesi[45]. Anche in questa occasione, la riflessione non rimase circoscritta ad un commento delle relazioni presentate durante i lavori congressuali, ma si estese ai temi di fondo che la scelta dell’argomento aveva dischiuso, cioè la riflessione sull’applicazione o, al contrario, sul rifiuto delle categorie dogmatiche moderne nello studio dei fenomeni giuridici del mondo antico, nell’alternarsi, linguistico prima ancora che concettuale, delle espressioni “autonomia” e “centralismo”. Mettendo in guardia dalla tentazione, suggerita da un diverso lessico delle fonti, dal pericolo di separare nettamente l’esperienza del mondo classico da quello del tardo Impero, nonché da quello, ancora più incombente, di enfatizzare il carattere sacro che la figura dell’imperatore assume, divenendo forma e mezzo di legittimazione del potere, Sargenti concentra le proprie indagini, anzitutto, sul problema della unità o della separazione dell’Impero, non già esclusivamente –avverte il Maestro- in senso territoriale o di pluralità di titolari del potere, bensì in termini giuridici ovvero, più precisamente, sotto il profilo del regime normativo. Le riflessioni di Sargenti, al termine della serrata indagine, inclinano a favore della unitarietà, non sulla base di visioni astrattamente totalizzanti o aprioristiche, bensì all’esito di un esame particolareggiato del materiale normativo nei vari periodi di pluralità di titolari del potere, per cercare di stabilire se l’attività normativa espressa in quel materiale, fosse o no destinata a tutto l’Impero. Ne costituisce, del resto, il riflesso concreto un dato testuale di fondamentale rilievo, la frase di Orosio, per il quale, come noto, all’epoca dell’usurpazione di Gildone, commune imperium divisis tantum sedibus[46], nonché –in linea generale- la considerazione che non sarebbe stato possibile alla classe dirigente che circondava Teodosio II concepire e realizzare il Codice che porta il suo nome se non fosse stata viva la coscienza dell’unità del materiale normativo che si voleva raccogliere.
Ma il tema, osserva Sargenti, impone indagini sull’accentramento o sul decentramento nella struttura dell’impero, sull’assetto, in particolare, dell’organizzazione amministrativa e burocratica dei funzionari imperiali e della ripartizione delle reciproche competenze, sul ruolo e sull’importanza degli organismi locali e sui loro rapporti con il governo centrale, anche nella prospettiva delle organizzazioni sovracittadine, a livello provinciale o diocesano, tramite l’istituto deli concilia ovvero sui profili, singolarmente contradditorii nel senso di conformazione all’organizzazione statale piuttosto che in senso antagonistico, delle comunità ecclesiali.
Una serie di problemi che “di fronte all’ampiezza e alla complessità del fenomeno storico proposto all’attenzione degli studiosi, non consente di sicuro soluzioni lineari ed univoche”: la strada indicata dal Maestro era, però, tracciata: occorre “un lavoro di analisi del materiale normativo ancora tutto da compiere, e da compiere valutando il contenuto delle costituzioni non in un’astratta prospettiva normativistica, ma in rapporto ai problemi concreti che, riportate al loro originario contesto, esse consentono di individuare” [47].
- Manlio Sargenti partecipò, per l’ultima volta, anche al XIV Convegno (Perugia-Spello 30 settembre – 2 ottobre 1999), dedicato alla “Critica del testo nello studio delle fonti giuridiche tardoantiche”, durante il quale presentò la relazione centrale, di cui non conserviamo il testo a stampa, a causa della malattia, che nel frattempo, l’aveva colpito, ma esclusivamente la trascrizione, non rivista dall’autore, dell’intervento tenuto in apertura della giornata inaugurale del congresso: era questa la sua ultima traccia scritta, l’ultimo contributo all’avanzamento degli studi dell’Accademia Costantiniana. Sentiamo ancora risuonare la Sua voce e i Suoi insegnamenti, l’indirizzo metodologico propugnato con fiera decisione: “Ecco, dunque, la ragione fondamentale di questo nostro convegno: richiamare alla necessità di una riflessione e di una possibilmente diversa lettura delle fonti che noi chiamiamo normative imperiali e che in gran parte normative, nella loro originaria stesura e destinazione, non erano” e, dopo una ragionata esemplificazione, l’auspicio finale, che può certamente essere considerata la sua eredità scientifica: “Ecco, cari amici, una serie, certamente non completa di considerazioni e di proposte, che l’Accademia Costantiniana ha voluto e vuole sottoporre alla vostra attenzione, perché si possa avviare il mondo degli studiosi della tarda antichità e soprattutto dei giovani studiosi della tarda antichità ad un modo nuovo e diverso di lettura delle fonti. Non consideratele più come un tutt’uno, come un insieme sistematico, organico, coordinato, ma consideratele in queste loro sfaccettature, in questa loro problematicità, in questa necessità di studiarne analiticamente la struttura, la natura, l’origine, la collocazione. Da questo convegno vorremmo che nascesse, e scusate se il progetto è troppo ambizioso, vorremmo che nascesse, che perlomeno fosse avviato, un nuovo modo di affrontare lo studio delle fonti giuridiche della tarda antichità” [48].
- Da allora, pur sollecitato da amici e colleghi non volle più tornare in Umbria, preferendo lasciare di sé, me lo confesso più volte, il ricordo dei suoi giorni migliori.
Pur sentendo avvicinarsi il tramonto, Egli, seppure con le forze declinanti continuava, indomito, a leggere, a scrivere, a studiare. Ne sono prova l’assidua cura con cui aveva seguito le nuove pubblicazioni dei Quaderni dell’Accademia, nel cui seno, nel frattempo, era stato designato Presidente d’onore: il volume di Stefania Pietrini sull’epistolario di Leone Magno nella prima serie[49], il lavoro di Antonio Banfi in tema di giurisdizione ecclesiastica nella terza[50].
In una conversazione privatissima, mi confessò che la condizione di parziale infermità Gli aveva offerto l’occasione di attendere, con la dovuta pazienza e la necessaria attenzione, all’opera che considerava, senza alcun dubbio, la più importante di tutto il Suo percorso scientifico, quella a cui teneva maggiormente e che si rammaricava di non avere ancora completato: la palingenesi delle costituzioni dell’imperatore Costantino.
Nella sua bella casa, dove tutti i pomeriggi ci incontravamo per lavorare, Egli raccoglieva le schede dei provvedimenti imperiali, che mi consegnava perché io, dopo averle ordinate cronologicamente, annotassi a margine le Sue osservazioni e i Suoi commenti. E così fece sino alla fine. Pochi giorni prima del Natale del suo novantasettesimo compleanno, in una Milano imbiancata dalla neve, la malattia lo riprese fra i suoi artigli, ponendo fine al Suo percorso umano e professionale e, insieme, a una stagione straordinaria di studio e di ricerca.
- L’itinerario scientifico di Manlio Sargenti testimonia la fedeltà dello Studioso ad un metodo di indagine e di ricerca, esemplare per rigore e coerenza, rivelatosi particolarmente proficuo nel contemperare efficacemente l’esegesi serrata e minuziosa dei testi, non solo giuridici, ma anche letterari[51] ed epigrafici[52], di cui era profondo conoscitore, con il respiro ampio del loro inquadramento nel sistema generale dell’ordinamento della realtà tardoantica, non disgiunto da una straordinaria conoscenza della letteratura storico-giuridica[53].
Non è difficile individuare il valore del contributo che Manlio Sargenti ha dato per una più corretta e completa conoscenza della realtà giuridica del tardo Impero: esso, infatti, si distingue per la costante attenzione alle fonti, che il Maestro ha indagato con speciale acribia e per la rilevanza scientifica dei risultati, usualmente connotati da soluzioni originali ed autonome, nient’affatto ripiegate sull’opinione consolidata della dottrina, anche la più autorevole.
Queste brevi riflessioni intendono, dunque, testimoniare lo straordinario apporto che il Maestro ha dato, nel corso di un lunghissimo e proficuo impegno scientifico, all’avanzamento qualitativo e, lo voglio sottolineare, in forza di una indomita capacità di lavoro, anche quantitativo, dell’attività dell’Accademia Romanistica Costantiniana: non v’è dubbio, e la nostra presenza qui ne costituisce la prova tangibile, che l’auspicio “verso mete scientifiche senza alcun dubbio feconde[54]”, che il Maestro esprimeva, a proposito dell’avvio dell’attività dell’Accademia, nel primo intervento del 1973, abbia dato i frutti sperati.
Molti, infatti, sono i meriti che debbono esserGli riconosciuti in termini di impegno costante e di passione per la ricerca, trasmessa soprattutto ai giovani che ne hanno seguito l’insegnamento, nonostante il rammarico, che spesso lo affliggeva, del non sempre immediato riconoscimento, in sede concorsuale e di avanzamento di carriera degli allievi, dei lavori di palingenesi.
Parlando di meriti, non mi riferisco esclusivamente al lavoro, di cui tutti noi siamo testimoni, svolto interno all’Accademia Costantiniana, le cui finanze pure Egli anche concretamente sosteneva, grazie alle “anonime” erogazioni liberali che come tali Sargenti imponeva fossero iscritte a bilancio, ma in termini di straordinario avanzamento delle nostre conoscenze sulle fonti della realtà tardoimperiale, solo considerando il differente ruolo assunto dal nostro settore di studi nella comunità scientifica, non solo nazionale, rispetto agli esordi: dai profili terminologici, che oggi ci fanno parlare di “tarda antichità” e non più di “basso impero” (come il rettore Ermini, nella presentazione del primo volume di atti, oltre quarant’anni fa designava invece l’oggetto delle indagini dell’Accademia, allora qualificata come “Centro Studi storico-giuridici costantiniani e sul Basso Impero”), alla intervenuta –e unanimemente riconosciuta- estensione dei capisaldi temporali dell’epoca considerata, che ha allargato i propri confini rispetto agli angusti limiti dell’origine, alla influenza, ormai considerata concordemente imprescindibile per l’avanzamento dei nostri studi, dei testi extragiuridici e delle testimonianze dei Padri della Chiesa, per una più completa ed esatta ricostruzione del sistema giuridico della realtà tardoantica: il tutto in forza della nuova impostazione metodologica che Sargenti bene aveva indicato sin dai primi lavori pubblicati negli atti dei periodici convegni, i cui risultati, unanimemente apprezzati in Italia e all’estero, sono oggi sotto i nostri occhi.
Queste, dunque le cose fatte. Delle molte che ancora restano da fare[55], l’opera scientifica ed umana di Manlio Sargenti costituisce viatico irrinunciabile e prezioso per chi verrà dopo di noi e per le future generazioni ancora: solo seguendo il Suo esempio e rimanendo fedeli ai Suoi insegnamenti, potremo, nel modo in cui Egli avrebbe davvero voluto, onorarne degnamente la memoria.
Patrocinante avanti alle Magistrature Superiori
Professore presso il Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università Bocconi
[1] Manlio Sargenti nacque a Isernia il 9.12.1915.
[2] Il magistero di Manlio Sargenti si svolse interamente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, dove, dapprima come incaricato, divenne straordinario e, infine ordinario, solo nel 1983, praticamente a fine carriera: Egli pagò la mai rinnegata adesione alla Repubblica Sociale, nella quale svolse un ruolo primario quale Capo di Gabinetto del Ministro dell’Economia Corporativa, Angelo Tarchi. In particolare, Sargenti fu l’estensore della carta sulla socializzazione delle imprese (Decreto legislativo del Duce 375/12 del febbraio 1944, su cui Sargenti, Socialismo o socializzazione in Repubblica sociale, 1944, nonché Bonini, La Repubblica Sociale Italiana e la socializzazione delle imprese. Dopo il Codice Civile del 1942, Torino 1993, 70 ss.). Al termine del secondo conflitto mondiale fu tra i fondatori del “Movimento Sociale Italiano”, nella cui file svolse anche il ruolo di Consigliere Comunale di Milano. Nel 1995, fu nominato Presidente d’onore del “Movimento Sociale Fiamma Tricolore”.
In proposito, si veda Marotta, Roma, l’Impero e l’Italia nella letteratura romanistica degli anni 30, in Retoriche dei giuristi e costruzione dell’identità nazionale, Bologna 2013,425 ss, in part. 429 nt. 11
[3] Federico Pergami, Manlio Sargenti (1915-2012), in INDEX 42 (2014), 693 ss.
[4] Il progetto di istituire l’Accademia Romanistica Costantiniana, infatti, nacque proprio in quell’anno, a margine di una serie di lezioni di un seminario romanistico internazionale, che trovarono compiuto esito in un Convegno del 1971 (cfr. Atti del Convegno Internazionale 11-14 ottobre 1971).
[5] Plin., nat. hist. 35,84.
[6] C. Dupont, Les constitutions de Constantin et le droit privé au début du IV siécle. Les personnes, Lille 1937.
[7] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino. Persone e famiglia, Roma 1938.
[8] Atti del I Convegno Internazionale dell’Accademia Romanistica Costantiniana, Perugia 1975, dove in apertura, nella “Cronaca dei lavori”, ad opera di Felix Wubbe, si legge: “Le but principal de l’académie sera la promotion de la recherche et la publication d’ouvrages concernant l’époque de Constantin”.
[9] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino. Problemi e prospettive nella letteratura dell’ultimo trentennio, in AAC 1 (1975), 229 ss.
[10] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino, cit., 231.
Vedi, anche in senso analogo, la “Premessa” al volume: “Studi sul diritto del tardo impero”, Padova 1986, nel quale il contributo è ripubblicato (p. 1 ss.): “Gli scritti raccolti in questo volume hanno segnato, nel corso degli ultimi anni, il ritorno ad una tematica che aveva ispirato, nel lontano 1938, l’inizio della mia attività di ricerca e dalla quale mi ero poi per lungo tempo allontanato, attratto da altri interessi. Un ritorno cui ha dato occasione ed impulso l’attività dell’Accademia Romanistica Costantiniana e che, in ragione della varietà dei temi da questa via via proposti all’attenzione degli studiosi nei suoi periodici convegni, è andato articolandosi in una serie di contributi relativi a svariati aspetti della legislazione e del diritto del tardo impero romano”.
[11] A. Giardina, Esplosione di tardoantico, in G. Mazzoli – F. Gasti, Prospettive sul Tardoantico. Atti del Convegno di Pavia (27-28 novembre 1997), Como 1999, 9 (= in Studi Storici 40 [1999], 157). Più di recente, L. De Giovanni, Istituzioni, scienza giuridica, codici. Alle radici di una nuova storia, Roma 2007, ix, scrive: “Nell’ultimo trentennio, la ricerca sulla tarda antichità ha avuto, come è ben noto, un’accelerazione impressionante. Intere aree di indagine sono state scoperte e indagate, nuovi problemi sono venuti alla luce, categorie interpretative che sembravano punti fermi della storiografia sono state ridiscusse o sovvertite; si può ben dire che non v’è nessun segmento di quest’epoca che non sia stato profondamente rivisitato, utilizzando tutte le tecniche che le scienze relative al mondo antico propongono oggi all’attenzione dello studioso”.
[12] Mi piace ricordare le parole usate da Arnaldo Biscardi, che, ripercorrendo l’attività svolta dall’Accademia nell’ultimo ventennio, parlava, a proposito di tale saggio, come di una “puntuale enunciazione prospettica”: cfr. Discorsi di saluto, in AAC X Convegno Internazionale, Perugia 1995, 17.
[13] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino, cit., 232.
[14] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino, cit., 233. Cfr. Solazzi, Glossemi e interpolazioni nel Codice Teodosiano [ora in Scritti di diritto romano, 4], 473 ss.
[15] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino, cit., 234.
[16] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino, cit., 332.
[17] Nella cronaca dei lavori del relativo volume di atti (Atti del II Convegno Internazionale dell’Accademia Romanistica Costantiniana, Perugia 1976), sempre ad opera del Wubbe, si dà conto del fervore degli studi in materia: “…J. Gaudemet…dans une conférence substantielle et elégante, comment la recherche peut s’orienter et arriver à des résultats neufs…”.
[18]Il dato può considerarsi definitivamente acquisito in dottrina: per tutti, L. De Giovanni, Istituzioni, scienza giuridica, codici, cit., 132.
[19] M. Sargenti, Aspetti e problemi dell’opera legislativa dell’imperatore Giuliano, in AAC 3 (Perugia 1979), 323 ss.
[20] Non era trascorso troppo tempo dalla ristampa dell’opera di J. Bidez, L’empereur Julien. Oeuvres complétes. Lettres et fragments, Paris 19602.
[21] Fu per questa ragione che il volume, particolarmente corposo, si compone di due parti: una prima che raccoglie, come di consueto, i contributi dei partecipanti al Convegno e una seconda parte (“Altri Studi: pagg. 431-873), contenente i contributi, anche su temi estranei al Convegno, di coloro che vollero onorarne la figura (il IV volume degli Atti è infatti “in onore di Mario De Dominicis”, nonostante l’improvvisa scomparsa: sulle ragioni di non trasformare in volume in “Studi in memoria”, si legga la commossa motivazione di A. Biscardi, divenuto medio tempore Presidente dell’Accademia, nella Prefazione).
[22] R. Orestano, Consenso e solennità nella legislazione matrimoniale teodosiana, in Scritti in onore di C. Ferrini pubblicati in occasione della sua beatificazione, 2, Milano 1947, 160 ss. In senso analogo, La struttura giuridica del matrimonio dal diritto classico al diritto giustinianeo, Milano 1951, 454 ss.
[23]Sargenti, Il matrimonio nella legislazione di Valentiniano e Teodosio, in AAC 4 (Perugia 1981), 203 ss.
[24] T. Mommsen, Das Theodosische Gesetzbuch, in ZSS 21 (1900), 149 ss.
[25] O. Seeck, Regesten del Kaiser und Päpste für die Jahre 311 bis 476 n. Chr., Stuttgart 1919.
[26] M. Sargenti (cur.), Otto Seeck, Die Zeitfolge der Gesetze Constantins, Milano 1983, vi.
[27] M. Sargenti (cur.), Otto Seeck, Die Zeitfolge der Gesetze Constantins, cit. xii.
[28] M. Sargenti, Contributo ai problemi della palingenesi delle costituzioni tardo-imperiali (Vat. Fr. 35 e CTh. 3.1.2), in AAC 5 (1983), 311 ss.
[29] M. Sargenti, Contributo ai problemi della palingenesi delle costituzioni tardo-imperiali (Vat. Fr. 35 e CTh. 3.1.2), cit., 313.
[30] Sono ancora le parole del Sargenti, a pag. 313.
Gli atti di questo quinto Convegno Internazionale sono significativi anche per un altro motivo: essi, infatti, offrono l’occasione a Paolo Silli di pubblicare un’anticipazione dei risultati della ricerca iniziata nel solco indicato dal Maestro: mi riferisco all’indagine sui documenti della cancelleria imperiale di Costantino, conservati nelle fonti letterarie che, completata qualche anno dopo, sfocerà nella pubblicazione del secondo Quaderno della Serie Seconda dei Materiali per una Palingenesi delle costituzioni tardoimperiali, dal titolo Testi costantiniani nelle fonti letterarie (Milano 1987).
[31] Sargenti, Matrimonio cristiano e società pagana, in AAC VIII (1988), 49 ss.
[32] Sargenti-Bruno Siola, Normativa imperiale e diritto romano negli Scritti di S. Ambrogio. Epistulae-De officiis-Orationes funebres, Milano 1991.
[33] Sargenti, Costantino e la condizione del liberto ingrato nelle costituzioni tardoimperiali, in AAC VIII (1990), 181 ss.
[34] Sargenti, Tra rappresentazioni tradizionali e nuove prospettive. Considerazioni conclusive, in AAC IX (1993), 385 ss.
[35] Federico Pergami (cur.), La legislazione di Valentiniano e Valente (364-375), Milano 1993. Della stessa serie, P. Cuneo (cur.), La legislazione di Costantino II, Costanzo II e Costante (337-361), Milano 1997.
[36] P. Cuneo (cur.), La legislazione di Costantino II, Costanzo II e Costante (337-361), Milano 1997.
[37] M. Navarra, Riferimenti normativi e prospettive giuspubblicistiche nelle Res Gestae di Ammiano Marcellino, Milano 1994.
[38] A. Biscardi, in Discorsi di saluto, in AAC X Convegno Internazionale, cit., 21.
[39] M. Sargenti, Il significato del Tardo Impero. Considerazioni conclusive, in AAC X Convegno Internazionale, cit., 707 ss.
[40] M. Sargenti, Il processo nel Tardo Impero. Considerazioni conclusive, in Atti Accademia Romanistica Costantiniana. XI Convegno Internazionale, Perugia 1996, 689 ss.
[41] S. Pietrini, Sull’iniziativa del processo criminale romano (IV-V sec.), Milano 1996.
[42] Federico Pergami, L’appello nella legislazione del tardo Impero, Milano 2000.
[43] M. Sargenti, Economia e finanza tra pubblico e privato nella normativa del Tardo Impero, in Atti Accademia Romanistica Costantiniana. XII Convegno Internazionale, Napoli 1998, 33 ss.
[44] M. Sargenti, Discorsi di saluto, in Atti Accademia Romanistica Costantiniana. XIII Convegno Internazionale, Napoli 2001, 18 ss.
[45] M. Sargenti, Centralismo o autonomia nella tarda antichità? Posizioni attuali e prospettive future, in Atti Accademia Romanistica Costantiniana. XII Convegno Internazionale, cit., 801 ss.
[46] Oros., Hist. adv. Pag. 7.36.1.
[47] M. Sargenti, Centralismo o autonomia nella tarda antichità? Posizioni attuali e prospettive future, in Atti Accademia Romanistica Costantiniana. XII Convegno Internazionale, cit., 824 s.
[48] M. Sargenti, La critica del testo nello studio delle fonti giuridiche tardoantiche (trascrizione della relazione), in Atti Accademia Romanistica Costantiniana. XIV Convegno Internazionale, Napoli 2003, 25 ss.
[49] S. Pietrini, Religio e Ius Romanorum nell’epistolario di Leone Magno, Milano 2002.
[50] A. Banfi, Habent illi iudices suos. Studi sull’esclusività della giurisdizione ecclesiastica e sulle origini del privilegium fori in diritto romano e bizantino, Milano 2005.
[51] R.B. Siola-S. Giglio- S. Lazzarini (curr.), Auctores latini et graeci tardae aetatis (saec. IV-VI a.D.) quorum scripta ad propositum opus utilia videntur, Milano 1985 (sotto la direzione di M. Sargenti), rist. Milano 2000 (cur. G.M. Facchetti).
[52] Vedi, al riguardo, M. Sargenti, La disciplina urbanistica a Roma nella normativa di età tardo repubblicana e imperiale, in La città antica come fatto di cultura, Como 1983 = Scritti 1017 ss., in cui sono esaminati tre testi epigrafici in materia edilizia: lex Municipii Tarentini, lex Coloniae Juliae; lex Municipii Malacitani.
[53] Fu Sua, con l’ausilio di Giorgio Luraschi e di Maria Pia Piazza, l’iniziativa di pubblicare, in tempi lontani dall’utilizzo degli strumenti informatici, l’Index Ticinensis. Operum ad ius Romanum pertinentium quae ab anno MCMLXX edita sunt, Pavia 1978, con cui “novum instrumentum parere vult, quo facilior investigatio fiat operum, quae copiosissima his proximis annis edita sunt…volumina hodie edita triginta annorum spatium, ab anno MCMXL usque ad MCMLXX complectuntur” (poi aggiornato con l’edizione del 1984: “Opus, quod iam dudum inchoavimus scripta ad ius Romanum pertinentia inde ab anno MCMXL usque ad annum MCMLXX exhibentes, nunc his novis voluminibus, quae scripta usque ad annum MCMLXXX edita colligunt, perficere conamur”).
[54] M. Sargenti, Il diritto privato nella legislazione di Costantino, cit., 332.
Vedi, anche in senso analogo, la “Premessa” al volume: “Studi sul diritto del tardo impero”, Padova 1986, nel quale il contributo è ripubblicato (p. 1 ss.): “Gli scritti raccolti in questo volume hanno segnato, nel corso degli ultimi anni, il ritorno ad una tematica che aveva ispirato, nel lontano 1938, l’inizio della mia attività di ricerca e dalla quale mi ero poi per lungo tempo allontanato, attratto da altri interessi. Un ritorno cui ha dato occasione ed impulso l’attività dell’Accademia Romanistica Costantiniana e che, in ragione della varietà dei temi da questa via via proposti all’attenzione degli studiosi nei suoi periodici convegni, è andato articolandosi in una serie di contributi relativi a svariati aspetti della legislazione e del diritto del tardo impero romano”.
[55] Meritano speciale attenzione le parole di L. De Giovanni, Istituzioni, scienza giuridica, codici, cit., x: “In sintesi, possiamo forse dire di essere alla vigilia di una nuova svolta nelle indagini sulla tarda antichità, a testimonianza dell’eccezionale vigore che ancora caratterizza questa fase di studi: come già accaduto per altre grandi questioni, il dibattito sembra di nuovo riaprirsi propri nel momento in cui si riteneva che esso avesse raggiunto alcune mete in modo definitivo”.