Federico Pergami – Il ricorso straordinario nel sistema processuale romano
- La prassi dei privati di rivolgersi all’imperatore mediante una supplica per invocare provvedimenti di clemenza risale all’epoca del Principato, sebbene l’affermazione del termine tecnico supplicare risulti definitivamente attestata nel III secolo d. C.
Nel linguaggio della giurisprudenza, l’espressione si rinviene esclusivamente in due distinti frammenti, in cui lo strumento della supplicatio è utilizzato con differenti finalità.
In questo scritto definiremo il ricorso straordinario nel sistema processuale romano.
Un primo passo, tratto dai Libri imperialium sententiarum di Paolo, documenta il caso di un ricorso diretto al tribunale imperiale, supplicavit imperatores nostros, con lo scopo di ottenere l’annullamento di una disposizione testamentaria che il de cuius aveva ritenuto di assumere nell’erronea convinzione dell’avvenuta morte della figlia.
Un secondo frammento è quello tratto dal libro quarto De appellationibus di Ulpiano, D. 49.5.5 pr., in cui la supplicatio, invece, costituisce un reclamo all’imperatore contro un provvedimento di diniego del iudex a quo di recipere l’appello.
E’ evidente la differente prospettiva in cui si colloca, in questo quadro, l’istituto della supplicatio, i cui contorni, in questa fase, non appaiono ancora delineati con chiarezza: essa, infatti, indica, per un verso, come nel caso prospettato da Paolo, l’invocazione di un intervento diretto dell’imperatore, fuori dagli schemi e dall’assetto processuale tardoclassico; per altro verso, come nell’ipotesi riferita da Ulpiano, una vera e propria impugnazione al tribunale imperiale contro un provvedimento negativo reso dal giudice di prima istanza nel corso di un processo già avviato e nel quale è già stata emanata la sentenza.
Per un’esatta comprensione di tale seconda fattispecie, che ai fini della presente ricerca interessa particolarmente mettere in luce, occorre precisare che al giudice inferiore, nel complesso meccanismo delle impugnazioni nel sistema della cognitio extra ordinem, era attribuita una specifica competenza per la fase preliminare del giudizio di secondo grado.
- Nei rescritti imperiali coevi, l’uso del termine supplicare per indicare il ricorso diretto all’imperatore per ottenere la soluzione di questioni ritenute particolarmente importanti, si incontra con maggiore frequenza.
Ne sono prova numerosi provvedimenti, alcuni raccolti nella sedes materiae, i titoli I.19 De precibus imperatori offerendis et de quibus rebus supplicare liceat vel non e I.20 Ut lite pendente vel post provocationem aut definitivam sententiam nulli liceat imperatori supplicare; altri, invece, sparsi fra i vari libri del Codice Giustinianeo.
- Nella legislazione del Tardo Impero, la supplicatio assume il ruolo di strumento tecnicamente inserito e regolato nel sistema processuale della cognitio extra ordinem.
L’istituto, superata la fase di generica invocazione all’imperatore per sottoporgli questioni di differente e varia natura, ha gradualmente iniziato a delinearsi quale strumento processuale, destinato alla risoluzione di problemi giuridici, quale diretta conseguenza dell’introduzione del divieto di appello contro le sentenze dei prefetti del pretorio, enunciato da Costantino nel solenne editto dell’anno 331 (C.Th. XI.30.16). E’ verosimile ipotizzare, con buon fondamento, che tale istituto, pacificamente attestato nell’anno 365 nella costituzione di Valentiniano e Valente(C.I. I.19.5), prevedesse il riesame da parte dello stesso prefetto, al fine di non aggravare ulteriormente i compiti giurisdizionali del tribunale imperiale.
Peraltro, di fronte questa evidente anomalia, la legislazione tardoimperiale, da un lato, aveva previsto, con la Novella di Teodosio dell’anno 439, che la supplicatio potesse essere interposta solo dopo la conclusione della carica del prefetto del pretorio che aveva pronunciato la sentenza; dall’altro, con la costituzione di Giustino, C.I. VII.62.35, aveva introdotto il principio in base al quale, qualora l’interposizione della supplica avvenisse prima di tale momento, la decisione fosse affidata ad un organo collegiale, prefetto e quaestor sacri palatii.
In definitiva, l’istituto della supplicatio, sia che fosse inteso, all’epoca del Principato, come l’invocazione all’imperatore di un provvedimento di clemenza, sia che costituisse, in età tardoantica, un autonomo strumento processuale in relazione alle sentenze dei prefetti del pretorio, rappresentava, per il privato, l’estremo rimedio per sottoporre ad ulteriore riesame una questione ritenuta ingiustamente ed irrimediabilmente pregiudizievole dei propri interessi.