LA PATOLOGIA DEL NEGOZIO GIURIDICO:
ORIGINE STORICA DELLA NULLITA’ E DELL’ANNULLABILITA’.
- Il tema della patologia degli atti negoziali nell’esperienza giuridica romana, cioè dell’improduttività di effetti del regolamento di interessi, è stato elaborato, come è noto, in mancanza di una concezione matura del negozio giuridico come categoria astratta e utilizzando invece la categoria dell’inutilità dell’atto: premessa la rilevanza di ogni azione umana che si concretizzasse in un negozio giuridico, se questo serviva effettivamente a produrre effetti giuridici, era efficace e veniva qualificato utile, pur se invalido, mentre se il negozio giuridico era inefficace, veniva qualificato inutile.
- Una rigidità concettuale, per vero, nient’affatto coerente con la vastissima gamma di espressioni e con la varietà di significati con cui il linguaggio della giurisprudenza indica il complesso fenomeno della mancata produzione di effetti nel settore negoziale, ricondotto, in sostanza dalla dottrina, alla rigida alternativa fra una totale improduttività dell’atto (la nullità) e la produzione di effetti sin dal perfezionamento del vincolo negoziale, senza l’introduzione -almeno nella fase iniziale della riflessione giuridica sul punto- di situazioni intermedie.
- Le ragioni di tale fenomeno risiedono essenzialmente nel fatto che la dottrina tradizionale, formatasi tra la fine dell’800 e i primi anni del secolo successivo, operava, a proposito della tematica dell’invalidità, utilizzando, quale modello operativo, le categorie e gli schemi elaborati dalla Pandettistica ed ereditati come tali dalla dogmatica dei diritti positivi, sacrificando inevitabilmente, la metodologia interpretativa della giurisprudenza e costringendo, in quegli schemi dogmatici, una realtà estremamente variegata e fluida ed una riflessione teorica che ad essa aveva cercato di adeguarsi.
- Lo sfaccettato e multiforme articolarsi della realtà del sistema giuridico romano in tale settore normativo, destinato ad ampliare la gamma di significati della patologia del negozio giuridico, trova conferma nella lettura delle fonti, fra cui spicca la Novella 9 dell’imperatore Teodosio, destinata a vietare l’amministrazione di beni altrui da parte dei curiali, pena la confisca dei beni e la deportazione.
Tale disposizione, però, nella prassi quotidiana, mediante la stipulazione fraudolenta (in fraudis) di contratti di locazione: per evitare tale comportamento, l’imperatore introdusse una sanzione, che consisteva nel privare di effetti il contratto posto in essere dalle parti, giacché in violazione del divieto normativo: in sostanza, la Novella dichiarava improduttivo di effetti l’atto che era stato effettivamente stipulato fra le parti e si poneva in contrasto con la rigida alternativa tra validità ed inesistenza che, nella tradizionale impostazione della patologia degli atti negoziali, aveva informato, come ho accennato, tutta la riflessione della giurisprudenza classica.
Un risultato, a ben vedere, innovativo, perché destinato ad aprire l’adìto alla distinzione fra nullità e annullabilità del negozio giuridico, che connota la disciplina positiva dell’istituto nel nostro ordimento civile.
Patrocinante avanti alle Magistrature Superiori
Professore presso il Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università Bocconi