- E’ argomento di attualità quello relativo alla nascita del federalismo, cioè la dottrina politica in cui il potere statale è diviso tra un’autorità centrale -da cui formalmente promanano tutti i poteri- e i centri di governo locale, cui sono affidati compiti specifici sulla base di differenti criteri funzionali e territoriali, fra loro coordinati: si tratta di una conquista dello Stato moderno ovvero è anch’essa risalente ad un concetto formatosi nell’esperienza antica, segnatamente in quella del diritto pubblico romano?
- Va detto, anzitutto, che le grandi correnti del pensiero politico contemporaneo, quelle che la dottrina tradizionale ricomprende con l’espressione collettiva di “ismi”, cioè tutti gli orientamenti sociali caratteristici del mondo del XXI secolo, mostrano, in generale, una grave crisi sia che esse siano assunte come soluzioni globali, che dovrebbero valere come fondamento del vivere sociale, sia che -al contrario- vangano considerate quali modelli particolari di orientamento nella storia e nella società.
Una delle ragioni di questa diffusa crisi degli “ismi” tradizionali deve essere in gran parte attribuita alla globalizzazione delle popolazioni e dei mercati, in forza della quale il lavoro e il capitale non sono più appannaggio esclusivo degli Stati nazionali, ma hanno caratteristica transnazionale, con conseguenze immediate sul monopolio della sovranità di ogni singolo Stato: tutto ciò pone urgenti problemi, sia di carattere politico che di carattere pratico e rende, al contempo, indilazionabile affrontare i mutamenti epocali che il nostro tempo ci presenta.
- Fra le tendenze emergenti nel XXI secolo tempo un posto speciale occupa certamente il federalismo, in cui –fermo il legame in uno Stato comune- confluiscono due istanze: la prima, quella dell’autogoverno degli enti territoriali nel quadro dei tre poteri fondamentali (legislativo, esecutivo e giudiziario), salva la regolamentata possibilità di ricorrere –seppure a certe condizioni- all’istituzione immediatamente superiore, sino ai vertici dello Stato; la seconda istanza è, invece, quella della pace tra gli enti che compongono, seppure autonomamente, lo Stato comune, unitamente a quella della pace fra gli enti territoriali membri e la pace internazionale: questa, infatti, è stata ritenuta più solida –tra enti territoriali che si siano messi insieme nei confronti di eventuali Stati nemici o concorrenti in modo sleale- quanto più lo “Stato di Stati” realizzi una relazione da plurimi in uno.
- La nascita del federalismo, che Carlo Cattaneo, già individuava nel patto fra le città etrusche dell’antichità, deve però direttamente riconnettersi all’esperienza del diritto pubblico romano: anzitutto, sotto il profilo terminologico, l’espressione “federalismo” denota un insieme di entità autonome, legate fra loro dal vincolo di un patto (foedus= alleanza), che il diritto pubblico romano utilizzava per connotare un trattato internazionale, destinato a sancire un’alleanza tra più comunità nazionali, distinguendo tra foedera aequa o trattati di uguaglianza (con cui i due Stati si accordavano, si un piano di giuridica parità formale, per un reciproco aiuto militare, economico, politico) e foedera iniqua o trattati di alleanza diseguale (in cui gli alleati di Roma, i cd. socii compiendo atto di sottomissione alla maiestas populi Romani, rinunciavano alla propria sovranità in politica estera e conservavano una soggettività di diritto internazionale, unilateralmente revocabile da parte di Roma); in secondo luogo, soprattutto perché -con specifico riferimento a quanto qui specialmente rileva- in quella realtà si incontrano situazioni storiche che possiamo definire di “federalismo politico”, nelle quali il concetto di sovranità statuale, concepita come assoluta e indivisibile, si stempera in funzioni distinte (sotto il profilo legislativo, amministrativo, giudiziario) e su diversi livelli territoriali.
Né è prova evidente quanto avveniva nella realtà giuridica del diritto pubblico della tarda antichità, in cui, pur concentrandosi il potere assoluto nelle mani dell’imperatore, il funzionamento concreto dello Stato era affidato a funzionari locali, sia in ambito giudiziario (i tre gradi di giudizio nascono proprio nella sistema processuale del diritto romano), sia nel settore amministrativo, all’interno del quale l’imperatore effettuava esclusivamente un controllo di legittimità, nel senso di una verifica del rispetto delle leggi che egli aveva, in via esclusiva, la funzione di emanare.
Patrocinante avanti alle Magistrature Superiori
Professore presso il Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università Bocconi