- Il concetto di “cosa” (res) nell’attuale ordinamento giuridico trova fondamento concettuale nella riflessione dei giuristi, tramandataci dalla compilazione giustinianea, che pure elabora, sulla scorta degli insegnamenti della giurisprudenza classica, il correlato concetto “proprietà” (dominium).
Le res¸ in particolare, sono individuate per differenza rispetto alle personae, gli uomini in quanto tali, e alle actiones, cioè il potere di impulso processuale: nel manuale istituzionale di Gaio, infatti, il diritto si presenta come tripartito, con la specificazione che le cose -senza esigenze classificatorie- sono rappresentate da tutto ciò che non è “persona”.
- Le res sono oggetto di dominium, che il diritto ha elaborato relativamente all’insopprimibile desiderio dell’uomo di escludere gli altri, in forza dell’esercizio di un potere assoluto (erga omnes) su un bene corporale.
Non pago dell’assolutezza di tale potere, l’uomo ha cercato di estenderne i confini e il campo di applicazione, non soltanto introducendo la possibilità dell’esercizio di un diritto reale (minore, perché diverso dalla proprietà) su una cosa “altrui” (ius in re aliena), ma ha ipotizzato l’esercizio del diritto di proprietà da parte più personae sulla medesima res.
E’ il caso, si intende, della multiproprietà, cioè di quel diritto di proprietà immobiliare “a tempo”, solitamente utilizzato per gli immobili in località di vacanza, che consente di attribuire il domimium a più soggetti su una medesima res, ma in una consistenza tale da consentire l’esclusività del dominio a ciascuno dei (multi)proprietari.
- Come giustificare che più proprietari esercitino il dominium su una stessa cosa in via esclusiva ?
Unica soluzione possibile -dovendo escludere una modificazione della millenaria concezione della proprietà come di un diritto erga omnes, idoneo ad escludere tutti i terzi- appare quella di una diversa identificazione della res.
Un bene immobile, solitamente identificato nella sua consistenza fisica nello spazio, può estendersi -come è stato autorevolmente sostenuto- anche nel tempo, come -appunto- nel caso della multi-proprietà.
Un rilievo, quest’ultimo, particolarmente adatto alla proprietà immobiliare, destinata -per sua stessa natura- a vincere le leggi del tempo che attanagliano la caducità della vita umana e un modo, è evidente, per cercare di estendere i limiti spaziali del diritto di proprietà, anche in senso temporale.
Certo è che, pur nella raffinatezza del ragionamento giuridico, resta insuperabile il dubbio se sia possibile attribuire la qualifica di proprietario, che deve potere esercitare il suo diritto erga omnes, a due differenti soggetti sulla stessa cosa, perché occorrerebbe chiedersi, a questo punto, quante siano le res su cui i due domini esercitano il proprio diritto.
Se una risposta ovvia deve essere data in relazione alla realtà spaziale (la casa di vacanza è unica), nella realtà temporale emerge -per quanto specialmente rileva- la considerazione di “più” cose, quanti sono i periodi (di regola settimanali) in cui, sotto tale prospettiva, è stata “suddivisa” la res.
Si badi, non già, perché i multi-proprietari sono comproprietari, cioè legati dal vincolo della comunione: la res -infatti- è, come per la dimensione spaziale, una sola, ma coloro che possono esercitare il dominium in via piena ed esclusiva sono tanti, quanti sono i periodi di calendario in cui il diritto è stato suddiviso.
Siamo, in definitiva, di fronte ad uno dei tanti casi in cui, nel mondo giuridico contemporaneo, le “cose” che possono essere oggetto del diritto di proprietà si presentano all’operatore del diritto in forma assolutamente originale, tanto da potersi fondatamente parlare di res novae.
Una categoria di “cose” destinata ad estendersi in maniera rilevante, soprattutto di fronte all’evoluzione tecnologica, che comporterà un serio impegno interpretativo ed operativo da parte dei giuristi.
Patrocinante avanti alle Magistrature Superiori
Professore presso il Dipartimento di Studi Giuridici dell’Università Bocconi